Le piastrelle bianche e verdi, i tavoli condivisi con sconosciuti, i gesti antichi, la fretta, le sole due pizze Marinara e Margherita…
Eh sì!, per l’ultima dell’anno ho scelto di restare a casa, nel tempio della pizza napoletana, tra storia e mito: la licenza di fare pizza Michele la ha dal 1870 ma in realtà Salvatore, il padre, iniziò a sfornare pizze nel 1844, anno della visita dello zar Nicola; la leggenda vuole che proprio Salvatore abbia inventato, per gli illustri ospiti, la pizza Cosacca.
Dopo la solita lunga attesa il rituale è lo stesso, una doppiamozzarella: pomodoro San Marzano e fiordilatte di Agerola come se piovesse…
Ma per i puristi e detrattori la vera pecca è l’olio, che non è di oliva ma una miscela di arachidi, soia e girasole che non predomina sulla pizza.

Arriva la ruota di carretta. Cornicione maculato, cottura non perfetta ma sapore che mi lascia sempre sgomento: impasto inimitabile, scioglievolissimo, un viaggio sensoriale, un amore incondizionato… Una pizza che richiede l’inzuppo, dove la scarpetta è d’obbligo.
L’Antica Pizzeria da Michele è la pizzeria che si ama o si odia, è la tradizione che nel corso degli anni diventa innovazione per la capacità di riproporsi sempre fedele a se stessa… e per me è casa!