Esistono fiabe che la realtà non può ostacolare.
Hanno dentro tutti i crismi e ogni ingrediente è al posto giusto.
Si toccano sensazioni deliziose in cui la vaghezza non esclude l’intensità, e non c’è punta più acuminata dell’infinito.
Fiabe che raccontano storie del mare, pozioni segrete e mele stregate.
Al bando gli antagonisti, con la magica assenza del “C’era una volta…” e dell’eterno gustare “felici e contenti!”.
Si perché c’è, e non solo una volta, in quel di via Arcoleo (Na) la fiaba di Antonio D’Ausilio, La Mela Stregata, seconda edizione (dopo quella a Lusciano) versione napoletana, con i piatti narranti di chef Salvatore Sacco.
Baccalà aiutante del protagonista.
Sotto forma di crema, ne diviene ripieno in un cannolo salato. Sfiziosità.
Sotto forma di carpaccio agli agrumi e pepe rosa con chips di mela Annurca, dove la freschezza dell’ottima materia prima conquista l’acidità e la dolce croccantezza dell’eroina femminile.
E mo mantecato con scarola liquida e crostone di pane cafone, reso quasi crema spalmabile che abbraccia ogni singola papilla gustativa.
E mo il trio delle B, con barbabietola e bacon: bello, buono e birichino!
E mo tra spaghetti e panura saporita alle alici di Cetara.


Zuppa di cozze
L’inverosimiglianza, caposaldo della narrazione, cede all’arrivo, in pompa magna, della coprotagonista. Cozze flegree (Bacoli o Capo Miseno), pomodori tondini Gustarosso, mazzancolle o scampi freschi secondo disponibilità sul mercato (con una versione extralusso con l’astice), polpo fresco, olio evo, crostini di pane homemade, peperoncino. Una zuppa di cozze dalla commozione estetica intensa, succulente, viva, dall’insolito (ai miei occhi) colore fuoco, non “sporca” ma sommersa dall’oro rosso. Pathos alle stelle.

Poi, come ogni fiaba che si rispetti, l’apoteosi finale dove, alla sprovvista del lettore, un filtro segreto e una “Mela Stregata” colorano il lieto fine: mela Annurca ripiena di crema Chantilly avvolta in pasta sfoglia artigianale e ricoperta con salsa Mou e amarene. Protagonista, fine pasto identitario che dà nome al locale, una stregoneria per dipendenza e bontà che sprigiona, realizzato dalla fata buona Santa Di Mauro (resident chef del locale di Lusciano).
Capita di non vivere una fiaba per paura della morale. Bisogna però sempre abbandonarsi alla loro lettura!
Io, intanto, vi devo il mare…




