Martucci.
Un cognome pesante che a Caserta (e ormai nel mondo) è sinonimo di pizze eccellenti.
Sasà.
Un nome che solca una proposta identitaria, personale. Nessun riferimento, nessuna minestra (di famiglia) riscaldata, niente di già visto.
I Masanielli di Sasà Martucci raccontano un messaggio chiaro, scritto a caratteri cubitali sul suo impasto, e sottolineo suo. Messaggio e Impasto. Entrambi cantano a una sola voce “Yes I know my way”. Pizze razionali, ragionate con stile e con un rapporto viscerale con il territorio casertano. Tanta varietà, qualità e verità al cm 0.

Sasà traccia i confini e inventa, ricerca e crea, finanche cambiare il prefisso della Margherita: passata infornata di pomodoro riccio (biotipo locale), stracciatella di bufala del Caseificio ABC, giro di olio extravergine EVO fruttato medio a marchio “Sasà”. Margherita Casertana con lo 0823. Dolcezza e cremosità, delicatezza elegante con texture molto figa. Apnea di gusto infinita.


Iniziazione alle danze perfetta col picco di emozioni che si ripete con l’Ammiraglia. Rivisitazione della Marinara che diviene bi-colore e bi-consistente: crema di pomodorino giallo, pomodoro San Marzano arrostito, olive caiazzane, capperi, alici a crudo, aglio orsino, origano di montagna, olio evo. Equilibrio e aromaticità, pizza propriamente detta che esprime autenticità di intenti tra ingredienti. Da bis.


La pizza diviene, improvvisamente, piatto. Ricetta su tela, insomma: pancia di maiale di razza casertana cotta a bassa temperatura, fiordilatte di Vacca Pezzata Rossa, scarola riccia, crema di papaccelle, granella di nocciole, polvere di olive caiazzane, fettine di mela annurca. Topping da urlo che mixa le bellezze del luogo. Tutte le noti presenti, l’acidità scherza con l’umami, il crunch è lungo e la ciccia disarma per morbidezza. L’Umami di Maiale fa arrossire l’impasto.


Un goccio di neutralità di gusto nella Mi ricorda la Minestra, con fiordilatte di Vacca Pezzata Rossa, verza saltata in padella, crema di Verza, nocciole, uvetta passa, tartufo grattugiato, acciughe salate, dove la dolcezza vince su tutto, e nella Orto e Baccalà, con fiordilatte di Vacca Pezzata Rossa, spuma di ceci di Teano, baccalà cotto a bassa temperatura, papaccelle, salsa al prezzemolo, polvere di olive caiazzane, foglie di cappero, olio aromatizzato all’alloro, dove protagonisti eccellenti non accettano la coralità. Nel fil rouge della degustazione, però, permane l’immane qualità degli ingredienti, l’armocromia leonardiana e l’impasto saporito e morbido, gustoso allo spasmo, nel suo dna fondente col “w il cornicione“.


La brevissima fase lag si annienta con la Bufalo Casertano. Volo pindarico da cineteca. Impasto ai cereali tripla cottura. Mozzarella di bufala a fette, tartare di bufalo mediterraneo italiano, broccoli neri, tuorlo d’uovo marinato, semi di sesamo, olio evo. Crunch da dipendenza, mescolanza viva di percussione al palato. Dolce, amaro, saporito, umami e poi ancora crunch, e si riparte. Mangiarla è come fermarsi davanti ad un capolavoro in un museo. Sindrome di Stendhal. Eletto a pieni voti signature dish!


Sasà non annoia, è l’anima della serata anche dal suo banco di lavoro. La pizza contemporanea, il menù esplode di territorialità creativa, il pasticciere on demand, la carta dei vini molto naturale, il servizio molto cortese e i tavoli molto pieni.

E la margherita classica, nel centro di Caserta, con gli attributi…