La Locanda dei Feudi – Francesco Capece e la pizza modernissima

Pezzano.
Provincia di Salerno.

Da Napoli quasi 100 km. Moltiplicali x 2, considerando la strada del ritorno.
Sì, ok. I pellegrinaggi nascono solo per raggiungere luoghi sacri per compiervi speciali atti di devozione.

Tanti km per una pizzeria?! Serve solo il sacro effetto wow.

La locanda dei Feudi. Oltre la pizzeria.
Una piazzetta del piccolo borgo fa da dehors ai pochi coperti della sala interna difronte.
Una famiglia. I Capece.
Una squadra. Aria calorosa, aria fresca.


Francesco inventa, crea. L’estro divampa. Daniele assorbe ed emette. Il team produce.
Pizza moderna. Modernissima. Nella precisione, nel fusion, nella complessità realizzativa delle idee, nella scioglievolezza dell’impasto, nel forno a gas.

Un’esperienza sempre viva, dove l’assaggio non è mai spaesato, dove anche il purista abbassa lo scudo in nome della tradizione. E va bene così, una pizza che diviene piatto, un campo di sperimentazione culinaria per definizione, quindi senza limiti alla creatività. Oltre la pizzeria, ripeto.
Obiettivo? Cogliere il messaggio di Francesco, velato dietro i suoi sorrisi timidi e affettuosi.
Sì Francè, fai tu!

Partenopefilia, frittatina prima di tutto. Bella, “sugosa”, sapida e croccante. Un’esigenza ripagata con stile. Old School.

L’entrée è già una superstar. Nippoletano. Bao cotto a vapore e fritto, ripieno di parmigiana di melanzane e basilico. Un soffio piccino, un nucleo che al palato si esaurisce nella leggerezza di esplosione atomica. Hall of fame.

La fantasia non manca. Anche nei nomi. La prima tonda è la Tir’ a gir’. Fritta e al forno. Indescrivibile grado di asciugatura e friabilità. Polpa di melanzana alla brace, carpaccio di vitello castrato beneventano, misticanza di campo, polvere di capperi di salina, mayonese alla colatura di alici di Cetara. Delicatezza estrema che incontra una nota lievemente amarognola che, come attrito buono, allunga il morso. Toni freschi e sapidi e tocchi di umami. E anche la testa di gira. Animata.

Ricetta su impasto, il fusion che torna. Mast’ Mario in Oriente è il manifesto della consapevolezza di tecnica fatta di diversità territoriali, stili produttivi e di nuova visione. Crema di patate affumicate, fiordilatte di Jersey, pancia di maiale pesante (c.b.t.) marinata e laccata alla salsa di soia, cipolla rossa di Tropea fermentata, riduzione di salsa di soia, prezzemolo. Piatto unico. Cambiano gli interpreti il gioco è lo stesso: il suino si scioglie, il tubero continua e la cipolla scrocchia e zigzagheggia. Metafisica.

Pizza trend, padellino! Protocollo: tipo 1, mais e semi di girasole, in due cotture, 100 gradi vapore e 300 elettrico. Crunch educatissimo e sofficità scostumata. Farcitura con attributi: stracciatella di bufala, prosciutto cotto Mangalica, shitakee saltati all’aceto di riso, tartufo scorzone, prezzemolo. Gli ingredienti hanno il dono della parola. Il massimo dello chic. Opera d’arte contemporanea.

Dopo la profonda dose di divertissement cercavo un po’ di less is more. Per interrogare meglio la base. Accontentato! Bufala a crudo, tra le tradizionali nel menù. Pomodoro San Marzano; all’uscita mozzarella di bufala, scaglie sottili di Parmigiano Reggiano 36 mesi Vacche Rosse, crema di pomodorino Vesuviano giallo. La prima propriamente detta. Impasto vivo, versatile. Il pomodoro sa di buono. Equilibrio di acidità e dolcezza. Mangerina col tocco fashion.

Then i lost my heart into this padel… Pomodoro a pecora. Nient’altro, al di là del foodporn. Le due essenze si incontrano, in diverse consistenze, sulla nuvola di turno. San Marzano in polpa, datterino fermentato liquido e in crema semidry. Pecorino dei monti picentini e primo sale di pecora. La più ammaliante per semplicità di intenti. Una cosacca futurista, cubista, 3.0, 3D. La gioia.

La Friariello Salernitano Evolution è un piccolo manuale di perfette bontà. Tutte le sfumature presenti. La pizza che cambia e pretende tutti i componenti sensibili del palato. È un viaggio: la salsiccia saporeggia, il peperoncino verde di fiume in crema dona presenza, a julienne giochicchia, la nduja di maiale nero d’aspromonte spinge, esplode e avvolge, il corbarino candito in crema spegne e resetta. Mundial.

Dulcis in fundo la Botox. Quando leggo certi ingredienti mi emoziono. Come un dessert che riduce le rughe della mente. Simposio del colesterolo. Fonduta di caciocavallo stagionato in grotta, fiordilatte di Jersey, blue di Bufala, confettura di fichi bianchi del Cilento, chips di Parmigiano Reggiano 36 mesi. Realizzazione magnetica per gli amanti della materia. Col tocco dolce a metà strada tra vecchi e nuovi classici. Diabolico finale.

Esperienza sacramente wow.
Francesco e i suoi dimostrano che la gourmettizzazione della pizza non ha fatto solo danni. Anzi. Un fuoriclasse che racconta che la pizza può traslare. La pizza è libera. Da definizioni, confini geografici, temporali. Libera di cercare l’idea di gusto, consistenza, piacevolezza, emozione del proprio autore.
…la pizza di Francesco Capece sarà la neo-tradizione del futuro!

La Locanda Dei Feudi
Via Vigna, 23
84099 Pezzano SA

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