10, 100, 1000 La Spelunca: una locanda d’altri tempi spedita con zelo avanti nel tempo quindici anni or sono. Sì, perché in questo antico palazzo del centro storico di Santa Maria Capua Vetere (CE) si può anche pernottare.
Focus: osteria con brace.
Antonio De Stasio è l’emblema dell’oste/cuciniere dal piglio straripante, auto-regolato da un legame focoso con l’ambiente che lo circonda: cucina votata alla gola e alle carni di qualità, che unifica franchezza stilistica e decolli estrosi con un impatto finale detonante.


Ricambio variopinto dell’offerta; costanza esecutiva; tenore; verità.
Abolita la pizza di matrice classica. A menù si fa spazio negli appetizer quella nel ruoto in sei versioni. Croccante, rustica, mangereccia dove spicca per identità e impatto la Cafoncella (pomodorini del piennolo gialli e rossi, olive di Gaeta, acciughe di Cetara, capperi di Salina, origano di montagna, aglio paesano, olio aromatizzato all’aglio).
La cantina stupisce con chicche enologiche fuori/dentro i confini. La sala di più: per bellezza, metodo, tempi e (impressionante) capacità d’ascolto. Doti essenziali, ma affatto ovvie da trovare.


La tradizione napoletana si presenta in doppia veste, autentica e fusion. E così è possibile abbandonarsi alla sfacciataggine di una parmigiana eterea o all’atroce suadenza della zuppa di soffritto servita con tocchetti di pasta cresciuta fritta.


Ma è facile imbattersi in piacevoli mistificazioni come il Bao con pulled di braciola al ragù, crocchetta di jamon o il Taco napulegno con friarielli e slice di maiale. Assaggi (extra)colmi di succulenta attitudine, dettati dalle influenze più allettanti per l’estro.


La pasta mista di Gragnano con patate, provola e tartufo, la mia ipercalorica idea di Empireo (o Paradiso, come preferite).

E poi ciccia, ciccia e ancora ciccia con la consulenza del noto griller Venerando Valastro.


Lombata portoghese e galiziana di razza cachena, Tomahawk premium Black Angus USA Rocky Mountain e Angus irlandese allevato in Spagna Miguel Vergara. Lacrime di gioia napulitane!


Saranno le esalazioni e i profumi – tremendamente idealizzati e distensivi, lo scenario della brace a vista tanto eccentrico da risultare a modo suo armonioso, l’alchimia di Antonio che fluisce ardimentosa, in picchiata con la sua maestria collaudata. Umami spinto! Ho mangiato burro. Una mitragliata di rime libere.
Una cena galvanizzante che lascia ondeggiare la mia testolina. Di quei luoghi che ti riconciliano con l’esistenza, senza l’ingombro di ingarbugliare filastrocche o pensieri in esubero.