Cantami, o Profeta,
del pelide Nino
la sofficità del padellino…
Esordire invocando chef Simone della Locanda del Profeta è d’uopo, chiarore e colore ed estro accolti sulle tele vive, cotte nel tegame, di Panella.
Quando le eccellenze si incontrano, seppur con caratteri, visioni e circuiti esperienziali diversi, si raggiunge la formula magica per creare un supersonico binomio culinario. E la necessità di un proemio risiede nella nascita della Carta dei Padellini della Pizzeria da Nino Pannella, in quel di Acerra (Na), ricca di sei referenze con nomi ispirati alle figure della mitologia greca.
Ode all’emotività della gola.
Che si abbandona al gioco delle consistenze, alla bellezza del fluffy.
Il padellino di Nino è un padellino vero. Quello propriamente-detto, mi autocito. [Nessuna forma storpiata della nostrana nel ruoto, della teglia romana, zero crunch scellerati o sentori di focaccia.]
Una pizza (sì, perché la pizza al padellino è una pizza) a tutto condimento, priva di cornicione. Bella, alta, con una buona dose di setosa mollica dorata, leggerissima, profumata, morbidosa, con crateri di alveoli che delineano la lievitazione e la sottile crosticina che abbraccia l’interno, sopra e sotto, e gioca in croccantezza.
Nino plasma le basi mixando tipo 1 e tipo 2 con il 50% di biga nell’impasto; Simone restaura i topping attraverso fulgide commistioni di stili, incastri sinergici e un sound gastronomico del tutto inedito.
Ne scaturiscono delle nuvole tanto eclettiche/contaminate quanto fondate sul gusto e sulla concretezza del gesto. Alchimia perfetta dei due profili che viaggiano all’unisono verso rotte mitologiche.
In-prima-fila, come a teatro, la vista forno guida il percorso.
Chi non ama il mare? Poseidone è quell’onda che coccola. L’umami sublime delle acciughe del Cantabrico, la burratina affumicata di Andria che allunga e avvolge, il pesto di pomodorini del piennolo equilibra in acidità, la riduzione di basilico in freschezza, la terra di olive taggiasche l’amaro desiderato. Comfort zone necessarie. Comfort food imprescindibile.


Il Minotauro caccia le corna… e si scappa in un labirinto di delicatezza, umami, crunch amaro e quel sentore vivace e pungente di mosto che brucia. C’è la tartare di manzo, il tuorlo d’uovo sodo, le olive taggiasche, la senape di Dijon. Un sussulto contemporaneo per un ‘level up’ identitario che fluisce lungo un climax gustativo esaltante.

Bellezza e avvenenza, solo a leggere certi ricami. Si tratta di Apollo e la luce è accecante. Succulenza. Il roast-beef di manzo all’inglese parla. Protagonista, vero, ma il comté adorna in sapidità armonica. Tocchi di dolcezza e aromaticità col gel di carota e il tartufo nero. Dinamismo scaltro e geometrie culinarie. Equilibrista.


La dea della discordia mette tutti d’accordo. Eris ammalia con un elevato timbro materico e un design navigato. Vanità e fascino dal primo all’ultimo morso. Il bleu de brebis Cirè crea dipendenza e si esalta nell’acidità del gel di mela annurca. Sotto una pioggia di terra di nocciole di Giffoni sguazza compito lo stracotto di maiale all’Elixir Falernum. Piatto su pizza.


Colori uniformi, texture magnetiche, cotture precise.
Poi l’impasto si tinge di cacao. Nino ne è teoreta. E per questa volta declinazione anche salata. Il padellino si fa sandwich, si abbassa in altezza e ne guadagna in scrocchio. Pancetta al miele La Giovanna, blu notte e anacardi tostati. Artemide vive dell’animo agreste, ruspante. Visione simpatica, cambio di marcia. Divertissement.


Infine Eros scocca la freccia e si fa l’amore con il sapore cit. Padellino al cacao, double face, con mousse al gianduia e lamponi. Cremosità, consistenze, parole non dette… Eros, che hai combinato!
Sipario.
E tanto ricordo.
Un percorso affettivo e rassicurante per chi vuole godere in spensieratezza. Ma anche colto, energico e scandito da levità contemporanea, per coloro che amano cogliere i dettagli.
Bravi tutti.