Certi incontri disegnano parentesi destinate a non chiudersi mai: si uniscono in cerchi che annullano il senso di fine e inizio.
Sì, sono andato a Verona per mangiare una pizza, è vero. Perché di pizza si tratta!
San Bonifacio. Un paesino di poche anime. Un palazzo che nasconde, dopo un lungo corridoio, delle trame delicate. La dimensione è solenne. Calma profumosa. Tutto è dannatamente a vista. I fuochi, i forni, il lunghissimo banco di lavoro.
Ogni creazione è preceduta da gesti cadenzanti dell’intera brigata. Come stare a teatro e vedere lo spettacolo insieme al regista.


Il servizio è dolce. Il benvenuto sa di casa. Il menù parla di mare e di terra a spicchi, da quattro o da otto, che riassumono la bontà di un territorio senza confini: valori custoditi alla ricerca del “vero” tra la Val d’Adige e le eccellenze dello Stivale. Impasti, che si fanno ingredienti, di farine integrali e semi integrali a lievitazione naturale, in alcuni casi aromatizzati con altre farine o semi. Non sarà la solita circonferenza, consistenza, croccantezza.


Vorrei essere abbastanza capace da saper sciogliere in parole tangibili la grandezza di Simone Padoan, ma la verità è che qualsiasi cosa scriva mi suona sempre debole e parziale.
Debole, rispetto a un artista che sente, guida e decora ingredienti nati già perfetti, volteggi della natura che riesce a rispettare e a migliorare con tocchi di pennellate rinascimentali.
Parziale, perché a rendere I Tigli uno dei templi della pizza d’ogni epoca è quel senso di perfezione e generosità diffusa, che rimane addosso lungo tutto il pasto, che vorresti non finisse mai.






Del fantacosmo del pizzaiolo della campagna veneta conservo la leggiadria delle basi tutte diverse tra loro, la bellezza del riconoscersi lungo sapori e pensieri, la congiunzione fra l’attuale e la tradizione di chi porta un artigianato a spasso nel tempo.




E poi il baccalà mantecato con fagiolini piccanti, la pearà che si focaccia al pepe per accogliere il pulled pork, cime di rapa e kefir di panna e, mamma mia!, il piccione al forno, coscia e fondo, con spinacio selvatico e chutney di marasche. Il jackpot per la memoria insieme ai fine pasto che non abbassano di un millimetro l’altitudine dei sensi.

Cremoso alla nocciola, cialda di biscotto e nocciole tritate, spuma al cioccolato

Credo fermamente che nella vita si possa raccontare quasi tutto, ma purtroppo o per fortuna certe dinamiche le capisci solo quando ti travolgono sulla pelle.