Scrivere la storia è importante.
Ma che bello impegnarsi nella stesura di nuovi capitoli dalla trama identica.
Aversa.
La storia, si sa, è fatta di date e istituzioni.
1964, I Tre Fratelli Pizzeria.
1982, Pizzeria da Mimì.
Variazioni sul tema dove il pilastro rimaneva ogni volta immutato. Domenico Molitierno, proprio quel Mimì dell’insegna che oggi riecheggia a caratteri dorati. Insieme alla moglie Alba, nel corso degli anni, ha delineato un nome parlando poco e cucinando tanto, riuscendo a non far mai prevalere il messaggio sul boccone. Si narra di polli alla brace succulenti, abbracciati da focacce languide. Icone.
2025, nuovo look per Pizzeria da Mimì che resta immutata nei principi e nei valori, ma si fa eredità evoluta per Antonio e Vincenzo, terza generazione. Pizzaiolo l’uno e direttore di sala (e barman) l’altro, si divertono tra le sinuose mura di tufo intrise di tepore domestico, in quel che fu cortile di famiglia. Pareti nere e dettagli elegante.
Nuove visioni e nuovi concetti con l’aplomb di radici ben salde.


L’entrée trasforma l’eterna coppia partenopea (salsiccia e friarielli) in uno stecco immerso in crema di ceci. Divertissement.


La devozione al pollo sopravvive ed è un incanto. Cotto nel forno delle pizze, lascia il ricordo sia nella versione in purezza o come farcia di un Pacchero fritto. Past & present. Che nessuno lo tocchi dal menu!


Linfa e vigore contemporaneo all’impasto che accoglie giochi di concentrati di materia.
Carta d’identità, la Margherita Aversana vestita di bufala autoctona con lo zing dell’extradose di parmigiano. Cornicione generoso che implode al morso e trittico radioso.


La Identità Napoletana racconta le intenzioni diverse. Come in un Manet. Tempera amara di rucola, aromatica di papaccelle e decisa/sapida di crema pasticcera salata. Il maialino cbt sguazza tra colori e sapori e aggiusta d’umami. Tecnicismi.


Il padellino multi cereale è tripudio anche da nudo. Si fa “marenna” con capocollo, cubi di patate allo zafferano e spinta audace di ‘nduja di Spilinga. Psichedelico.


Il dessert, un carello dei formaggi su circonferenza. 5 Casi (mozzarella di bufala campana, blu di bufala, cacioricotta cilentano, caciocavallo antico di Gragnano, fiocchi di crema cacio e pepe) e vanità di confettura di antico pomodoro cannellino flegreo, apoteosi immortale che coinvolge e non stravolge la solennità del caso.
Mixology guidata da Gaetano Di Laora, Birra Karma e Priezza di Masseria Campito, la componente liquida egregia della storia. Partenza con Fizz Ami, preparato con gin Vesuvius, cordiale alle erbe mediterranee, sciroppo di zucchero e spumante Priezza, per terminare con Sherlock, vivo di mezcal, sciroppo di agave, soda, bitter alla cannella home made e garnish di blu di bufala.
I “C’era una volta e ancora ci sarà” che piacciono a me…