L’amore per la carne al centro, senza vincoli stilistici o temporali. Come le opere dei grandi maestri classici e manieristi.
Quasi un gioco del destino custodito già nel cognome. Un accento a far brillare gli intenti di un radioso nucleo familiare.
Palma Campania (Na).
La carne è debole, certo!
La loro mai, la nostra invece si abbandona totalmente.


Carbone Meat House si modella sulle personalità di chi lo rende così unico. Macellai da 40 anni. Loro, i fratelli Carbone, alla brace Mario e al banco Pietro. In sala Raffaella D’Ambrosio e Alfredo Falciano, diretti da Gina Memmolo. Mentre in cucina gli chef Luigi Guarna e Michele Langella. Tutti magistralmente in sintonia per gestire i circa 80 coperti in totale. Progetto sostenibile dalle carni spaziali provenienti da allevamenti virtuosi. Manicaretti intriganti e cantina strabordante di vini d’autore.


Incantato nel mirare Pietro adornare quel tagliare di eccellenze nostrane. Come la tavolozza di un pittore, l’amore per la materia che si eleva formosa e distinta, concetti, tempi di cottura e abbinamenti. Profumi, cromatismi, sapori autentici. Perdere la testa per la Finocchiona toscana fino ad arrivare al salame di cervo tipico delle zone alpine del trentino. E anche la focaccia di accompagnamento si fa mangiare…


La Tartare Carboné è d’uopo. Umami e passione. Manzetta piemontese con salsa di nocciole, capperi fiore, pepe nero e senape di Digione. La materia che grida.


Poi l’elogio al desiderio in un simposio poetico. Mario on fire. La brace racconta di porterhouse di manzetta beneventana, magra, povera di grasso e con una certa componente sapida; ribeye di manzetta prussiana, note di morbidezza grazie alla presenza di grasso intramuscolare e centrale, dal sentore dolciastro che permane a lungo; costata vaca de lomo galiziana, dall’intensità aromatica che lascia il ricordo.


Il tagliere di formaggi come pre dessert non ha nulla da invidiare al cugino insaccato. Feelings di bellezza.


Menu ove tecnica e piacere duettano all’unisono, traghettato da un servizio mirabolante, che fa la differenza in sala.
Un ode primigenio per la ciccia e per ciò che può innescare attraverso i sensi.