Una cucina autenticamente della nonna, autenticamente partenopea.
Un locale che profuma di vita: allegro, vivace, pieno di sorrisi, tra piante rigogliose e luci calde che accendono l’atmosfera.

E la meraviglia di una pentola di terracotta, fumante, che borbotta piano mentre il mestolone danza lento. Gira, gira, gira… come il verso di una poesia antica, scritta con amore da Rosario Avolio.


Il titolo? Pasta mista con ceci e vongole. Edizione La Tattoria, nel cuore del Vomero.
Un piatto dalla texture vellutata, dal gusto pieno e rotondo, che unisce l’umami salmastro del mare con la cremosità rustica della terra. Densità materica, dove il legume convive intero e passato, in modo da rendere ogni assaggio vivo, punteggiato, mai banale. La pasta mista racconta il gesto antico della cucina povera che diventava ricchezza nel piatto: ruvida, irregolare, capace di assorbire e trattenere tutte le sfumature eleganti del mollusco.

Verace, diretto, autentico. Proprio come chef Rosario — “Tatto” per i nipotini — da cui prende il nome il locale, dove la “R” non manca affatto. Un cuciniere serio, un concentrato di sapere, memoria storica, ricette da custodire, pranzi della domenica, con l’aneddoto sempre pronto e gli occhi di chi ha fatto della nostalgia l’ingrediente segreto.


Il menù è ricchissimo, stracolmo di fondamentali, tanta devozione, intrecci nostrani e tanto senso del gusto. Abbondanza luculliana, porzioni importanti che non tolgono respiro alla qualità in un perfetto equilibrio tra comfort food e piacioneria.


E la tradizione sfila semplice: polpette, scarola e peperoni imbottiti, melanzane a pullastiello, parmigiana, pasta allo scarpariello, spaghetti con polpo alla luciana e alle vongole, alici fritte, baccalà e torta al limone.


Un’intensità del gusto progressiva e variegata. Tante cose fatte tutte egregiamente, con attenzione e cura, certo, ma soprattutto con un pensiero. Un pensiero che sa di casa, di famiglia, di convivialità. Una cucina identitaria e orizzontale, con gusti, rimandi e consistenze che non possiamo — e non dobbiamo — permetterci di perdere.
