Pepe in grani – Suggestione, silenzi, pace: una riapertura viva di sorprese

48 km.
Questa è la distanza che mi separa da Franco Pepe.
Troppa, infinita, così era mentalizzata prima dell’assaggio.
Ma al primo morsopiù di 5 anni or sono – la lontananza divenne infinitesima. Impalpabile. Come la delicatezza di quell’impasto, come una passeggiata tra nuvole e arcobaleni, marzapane e zucchero filato, che precede la festività del palato.
Da allora sono stato da Pepe in grani un numero così smisurato di volte, che due mani non possono contare!
Come quelle mani che impastano, ore e ore, con il supporto delle madie in legno che consentono una lievitazione paziente e danno forma a quella pasta profumata, soffice e leggera.
Nel corso degli anni ho assaggiato l’intero menù, tutte le creazioni insomma.
Non tutte in una serata ovviamente, anche se una volta ci sono andato vicino (proprio lì ho il mio personalissimo record di maggior pizze mangiate in un’unica volta, 3 e mezza per la cronaca).
Ho sciorinato, come direbbe Totò, che ho saputo sciorinare…
Per questo, dall’alto della mia presunzione erudita, in quel di Caiazzo (Ce) potrei fare assaggi al buio o addirittura consigliare percorsi gastronomici in crescendo, andante ma non troppo, dove l’asticella sale pian pianino e i sapori, dal più semplice al più sofisticato, vengono centellinati con maestria, grazie agli equilibri che il maestro Pepe sa donare.

Ieri, a pranzo, apertura dopo il lockdown.
Ero in prima linea: in quanto certi affetti stabili, per legge, potevo abbracciarli senza mascherina. L’attesa era finalmente finita, ma nel contempo, Lazzariello quale sono, ne creai subito di nuovi.
Eh bè al cuor si sa non si… ma prima di passare ai sentimenti è d’uopo l’analisi pseudo logistica, figlia di questo tempo pandemico.
La passeggiata con degustazione mi disegnò un microcrosmo fatato, dove il Covid “sembrerebbe” un totale sconosciuto.
Suggestione, silenzi, pace.
Ovviamente le nuove regole di buon senso ci sono, ma “sembrano” attori non protagonisti.
Prenotazione obbligatoria, con 5 euro di cauzione.
Nella sala 90 coperti totali, spazi esageratamente ampi, ben più del metro di distanza, plexiglas non pervenuto. Igienizzanti in ogni dove e un “patto di alleanza con il cliente”: un’alleanza di fiducia nella minimizzazione dei rischi vicendevole, per esempio il cliente viene invitato a riporre le posate nel sacchetto monouso a fine pasto, in modo tale da limitare i rischi per tutti. Il menù diventa interattivo, ma per i nostalgici del cartaceo c’è la possibilità di utilizzarne uno monouso.
E le pizze trovano nuovi comuni denominatori in cinque goduriosi gruppi: le fritte, le classiche, le originali, le stagionali e quelle dell’orto.
Suggestione, silenzi, pace.
E i congiunti erano finalmente a tavola…

Ciro e Rocco

Sacrilegio non iniziare con Ciro.
Un cono piccino di pizza fritta concavo (un battilocchio, per intenderci, tagliato a metà), ripieno di crema di Grana stagionato 12 mesi, pesto di rucola e olive di Caiazzo disidratate. Servito in un bicchierino di rame, un finger che parla da solo, un boccone morbido e goloso, ben equilibrato tra dolcezza del grasso e amaro della rucola. Sapore netto, fragranza notevole, gioia condivisa.
E qui la domanda sorge spontanea… ne basta uno solo?
Assolutamente no, e poi gli assembramenti nei piatti sono leciti.

Per i miscredenti, Annascosta con fonduta di Grana Padano, prosciutto crudo, ananas e polvere di liquirizia, dove in un modo armonico il frutto del peccato viene nascosto nel prosciutto e deposto nella fonduta in quel solletico di dolcezza e sapidità.
Per i patriottici, Estitalia con fonduta di Grana Padano, mozzarella di Bufala Campana DOP, prosciutto crudo, pomodoro confit, pesto di basilico liofilizzato, dove esplodono i colori estivi dello stivale.
Per i raffinati, Colpo Doppio con fonduta di mozzarella di Bufala Campana DOP e scamorza affumicata, crema di parmigiana, chips di Grana Padano, riduzione di basilico, basilico viola, dove la crema fredda di melanzane avvolge la fonduta calda, la cremosità di quest’ultima sfida la consistenza delle chips, dove i due consorzi, come le due foglie diverse, giocano insieme.
Per i maliziosi, Rocco con fonduta di Grana Padano, formaggio pecorino, pomodoro Piennolo, pomodoro datterino, aromi, salsiccia pezzentella di razza nero casertano, peperoncino, dove lo Scarpariello sorride tra la dolcezza leggermente acida dei pomodorini e la sapidità dei formaggi, il piccante della ciccia e l’aromaticità dell’olio all’aglio.
Viste le mie diverse sfumature caratteriali, non feci favoritismi e abbracciati tutti i coni, non abbandonai comunque il fritto.

La Viandante

La Viandante è il riflesso di una nuvola di fragranza e freschezza: una focaccia fritta, senza il minimo ricordo dell’olio che l’ha vista dorare, guarnita con speciale mortadella IGP, ciuffi di ricotta di Bufala Campana DOP, granella di pistacchi e zest di limone a completare l’idillio di semplicità e raffinatezza. E così l’abbinamento più in voga e bistrattato dell’ultimo decennio, si rivela nella realizzazione di Franco un bellissimo esempio di pizza Mediterranea.

La Memento

Desideravo poi un’esperienza diversa, essenziale, basata su sapori antichi e poveri. Una pizza Bucolica insomma, inno al pieno godimento di ciò che la natura offre. La Memento, ispirata ai “ciceri e tagliarielli”, è una lezione di filologia del gusto e di rispetto del territorio: crema di cipolle di Alife, crema di ceci delle colline caiatine e cicoria selvatica. Ingredienti semplici sapientemente abbinati da mani esperte, dolce e amaro in un soffio di cremosità, travolgentemente identitario.

Non potevo prescindere dall’Acquerello Capriccioso, per sentirmi protagonista e interprete della mia capricciosa venuta dal futuro: in cottura fiordilatte, prosciutto cotto e carciofini di Paestum; a tavola il mio estro per ultimarla a piacere con gli altri ingredienti serviti in diverse ciotoline: cialde croccanti di pomodoro San Marzano, polvere d’olive caiazzane, capperi disidratati, champignon fritti e olio al basilico, creando una sorta di dipinto colorato e memorabile nel sapore, ogni volta diverso.

La Scarpetta

E poi il mio desiderio più grande, la Scarpetta per sentirmi vivo

La Piselli, fave e cipolle

Ma la curiosità, che mi attanaglia la vita, mi spinse a fare un giro nell’orto e la sorpresa era proprio dietro l’angolo: la Piselli, fave e cipolle con fiordilatte, crema di piselli, piselli freschi, fave, bacon croccante, cipolla fritta, un equilibrio magistrale dalla delicatezza disarmante. Tutte le vibrazioni dosate alla perfezione per un risultato da piatto stellato, un girotondo cromatico per un seducente volo pindarico.
…e come finale, una fiaba, anzi due!

Straccetti

La prima già conosciuta, fatta di straccetti di pizza fritta con zucchero, cannella e miele da intingere nella ricotta di bufala campana con vaniglia, rosmarino e scorza d’arancia. Un capolavoro contadino, con l’abbinamento miele e rosmarino da benedire!
La seconda appena ultimata, che riguarda il gemello dolce di Ciro, totalmente speculare, posto alla fine del menù, nel girone dei dessert.

Pastiera Fritta

Un gemello dolce dalla cute al midollo: il mezzo calzoncino fritto diviene inzuppato di granella di zucchero e il cuore si plasma di crema pasticciera, fiordilatte, canditi, nocciole tostate, cannella, arancia. Una Pastiera Fritta, fusion di modernità e tradizione, connubio tra l’arte del fritto, la Patisserie e la scuola napoletana: l’impasto delicatamente zuccherino e scioglievole, il fiordilatte da spessore, la crema spumosa abbraccia, le nocciole croccano e la cannella e l’arancia auliscono di Pasqua…
I gemelli diversi, inizio e fine, protasi e apodosi di una ennesima fiaba stracolma di sorprendente bellezza.
Da ieri si può.
Suggestione, silenzi, pace.
E quel senso di normalità, di un finale in cui “vissero felici e contenti”.
E ieri, io c’ero

Pepe In Grani
Vicolo S. Giovanni Battista, 3
81013 Caiazzo CE

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