Màdia – Degustazione senza termine di paragone

Quella sera abbiamo rubato una storia da raccontare. Fuori dagli schemi. Fuori da ogni forma già disegnata.

Il benvenuto è tepore, lessico familiare, voglia di mettere a proprio agio. Come una pasta patate e provola. Ovatta cotta a tegamino che resta impalpabile. Superficie vangoghiana: cremoso di patate, sfoglie di patate, provola, scorzetta di parmigiano, pancetta di suino nero. Abbraccio senza tempo.

Prima circonferenza. Qui l’impasto è semi-integrale, moro e dalla fragranza identitaria. Spoiler: le cotture saranno perfette ad ogni occasione. Stato di necessità. Effluvio devastante. Cicoria amara, morbidezza di zucca. Propulsione piccante di pennellate di burratina, gioco di consistenze. Cacioricotta che aggiusta di sale, aglio nero fermentato che aromatizza il morso. Orto solo d’andata, è lì che vorresti restare.

Ma poi Boom! Eh sì, di Genovese. Uno scoppio di pura eleganza. Filo conduttore. Sfera iper croccante di densa panatura alla cipolla. Il cuore è un intruglio romantico che racconta Partenope. Stencil di cipolla a decorare. ¡Bomba! (Sensual)

L’impasto si tinge di verde. Friarielli inside, ma qui li chiamano broccoli. Come una torta rustica. Sofficità e crosticina. Evoluzione di salsiccia e broccoli. Esaltazione del vegetale totale: fondente (con parmigiano) e chips piccanti. A titillare la parte arruscata della ciccia. Così magica che è sparita subito.

La Fritta e al forno è oro. Il pomodoro è oro. Le olive sono oro. Scrocchia, poi si fa seta. Datterino cotto lentamente, olive taggiasche, stracciata di bufala, filetti di alici di Cetara e polvere di capperi. Come una puttanesca. Magistrale.

Poi la tonda che sa di grano. Senatore cappelli e cottura a 350 ⁰C. Rusticità e sentori vesuviani. L’autore ci mette le sue origini. La base proustiana loda la memoria da forno da cortile. Il Piennolo, il lardo allacciato di razza Mangalica e il Pecorino Bagnolese intensificano la dose rurale. Atavico modernismo.

Impasto ancora a colori. Basilico flavour. Stessa texture di cui sopra e sfumature di datterino. Morso ruffiano e freschezza persistente. Datterino arrosto, bufala fresca, datterino semidry, polvere di pomodoro e parmigiano al basilico. Datterino dolce passione. Ammaliante.

La Margherita è diversa. Bruna, fragrante con l’olio che spinge tanto. Buonissima, per carità di Dio, ma il palato è abituato ad altri intrighi. Differente.

Infine, riecco la Genovese come pre-dessert. Stavolta visibile su brioche al cacao. Un solo boccone. Amaro, tostato, dolce. Penultimo abbraccio.

I dessert faranno la festa e allestiranno un luna park homemade di classe e cuore.

Il Babà come una delizia a limone in crema diplomatica a limone, cioccolato al pepe di Sichuan, limone arrostito e pasta frolla a limone. La Pizzetta Brioche, con pere fresche e caramellate, finta mozzarella di panna cotta, caramello e bagna al cognac alle pere Williams. La Cheesecake, con crumble al cacao amaro e mandorle e frutti di bosco. La Tonda di Giffoni, un semifreddo alla nocciola Tonda di Giffoni e cioccolato alla nocciola.

Tecnica e testa sono di Francesco Miranda e della sua squadra. Messa da parte la timidezza, in passerella arriva la sua maturità sfacciata da lievitista finito e quel rapporto viscerale con la materia.
A Salerno esiste da anni un centro di bellezza dove il desiderio di Fabrizio Iannuzzi, giovane imprenditore puntuale e attento, resta il senza termine di paragone.
Ruotarci intorno senza accorgersene è da folli. Màdia vive sotto una luce di quelle alte che brucia, con eterno senso di leggerezza fatto di morbidezze e altre indicibili eleganze che non avevo idea potessero esistere.
Parliamone.

Màdia
Via Irno, 2
84135 Salerno

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